Aruba va a fuoco e l’Italia torna alla Preistoria

Che Aruba fosse un protagonista assoluto del mondo dell’on-line italiano era cosa risaputa. Ma questa mattina ne abbiamo avuto la conferma: alle 4 e 35 circa si è verificato un principio di incendio nella sala degli UPS (all’interno della Web Farm) ed è stata attuata la procedura standard di sicurezza che prevede lo spegnimento forzato di TUTTI i server. Bene, non è un eufemismo dire che la rete italiana (almeno quella di fascia medio/bassa che non si può permettere un server personale) è tornata alla “preistoria”. Migliaia di siti (compreso questo…) sono stati irraggiungibili per ore e anche la Webmail non ha dato segni di vita fino a pomeriggio inoltrato.

Difficile fare statistiche, c’è chi parla di quasi due milioni di indirizzi non raggiungibili (ma in realtà bisogna contare anche tutti i siti non raggiungibili per via dei DNS che erano spenti) e chi, forse spingendosi un po’ troppo oltre, si azzarda a stimare che la metà del panorama italiano su internet oggi fosse off-line. Probabilmente si tratta comunque del più grave blackout della rete nostrana.

L’occasione ha spinto Aruba ad aprire un canale su Twitter per tenere informati i clienti. Inutile dire che è diventato subito seguitissimo (più di 6000 followers in poche ore). Su quella pagina (e, successivamente, in un comunicato) il team di Aruba ha confermato che il problema riguardava esclusivamente la sala UPS e che i Server dei dati non sono stati in alcun modo interessati ma solo spenti per motivi di sicurezza.

Intorno a metà mattina sono tornati on-line i primi servizi (sale 1 e 2) ma continuava ad essere irraggiungibile la maggior parte dei siti ed inoltre i database e le mail erano ancora bloccati. Verso metà pomeriggio invece la situazione ha iniziato a risolversi.

Un commento? Se il danno fosse stato limitato ai soli server “condivisi” avrei detto che, a quei prezzi, una cosa del genere (del tutto occasionale) ci può stare, così come ci possono stare le 20 ore impiegate per il ripristino. Dato però che il blackout ha colpito indiscriminatamente anche i server dedicati, i dns e il servizio email e che il ripristino ha seguito gli stessi tempi delle risorse “economiche” allora c’è da dire che il problema esiste ed è notevole: non si può pensare di presentarsi come un gigante del settore senza un minimo di disaster recovery plan (in tempi ragionevoli e con mirroring geograficamente distanti). In fondo c’è chi oggi ci ha rimesso molto in soldoni…

[Omnia / Luca Zaccaro]

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