Attimi di Leggenda (Tributo a Del Piero)

In fondo al tunnel c’è una grande luce. La vedi avvicinarsi, passo dopo passo. Nella testa mille voci, mille pensieri. Sembra una domenica come tutte le altre. Non lo è. È la domenica che nessuno potrà mai dimenticare. Alzi gli occhi al cielo e vedi la bolgia. Gironi infernali che per l’occasione di fanno paradisiaci. Quarantunomila persone disposte a spendere una fortuna per esserci. Per vederti. Per salutarti. Li guardi è realizzi: “Io sono Alessandro Del Piero. Questa è la mia Gente. Questa è la mia Storia”. Non oso immaginare cosa possa passare nella mente di una Leggenda nel giorno del suo addio a quella Famiglia che ha reso e l’ha reso grande. In una perfetta fusione di emozioni date e ricevute. Vent’anni di vittorie straordinarie e di grandi sofferenze. Sempre insieme. Dalla vetta del mondo al più remoto campo della Serie B. Dalle Stelle alle Stalle. Dalla Coppa Intertoto alla Coppa del Mondo. Senza mai cambiare. Perché un Capitano, una Leggenda non può cambiare.

E poi arrivano le 16:19 di Domenica 13 Maggio 2012: Conte chiama il cambio, concede la passerella. Momenti già vissuti pochi anni fa con Nedved. Ma è tutta un’altra storia. La partita si ferma (per davvero), tutti corrono a centrocampo ad abbracciare Pinturicchio. Lui abbraccia lo Stadio. Si inchina al Tempio. Si accomoda in panchina ma il pubblico lo invoca a gran voce. Scende. Inizia un lentissimo giro di campo (a partita in corso, incredibile!) per salutare tutti, quasi uno a uno. La gente piange, lui anche (pur mascherando bene le emozioni). In campo nessuno bada più all’azione, guardano tutti quest’uomo che si prende gli applausi di uno stadio intero. Quindici minuti di interminabile onda emotiva, poi il ritorno definitivo in panchina. Parte un nuovo coro: “Grazie di tutto / Del Piero grazie di tutto / Grazie di tuuuuutto / Del Piero grazie di tutto” Lui si immola, in un podio improvvisato. Gradino più alto, ovviamente. Poi la premiazione, quella Coppa alzata al cielo. E’ l’epilogo perfetto, in mezzo alla sua gente, alla sua famiglia. Lo ripeto: non so cosa avrà pensato Alessandro, ma so cosa hanno pensato tutti i tifosi e gli amanti del calcio che oggi hanno salutato la fine della sua avventura juventina.

Lo so perché anche io sono un tifoso.

Anche io ho visto Del Piero.

Ero piccolissimo, ma l’ho visto debuttare in Serie A poco più che maggiorenne.

L’ho visto entrare in campo, al cospetto di giganti come Vialli, Baggio e Ravanelli.

L’ho visto segnare. Subito. Tanto. Gol fantastici.

L’ho visto caricarsi di un peso notevole come può essere il “10” di una squadra come la Juve.

L’ho visto inventarsi un gol che porta e continuerà per molto tempo a portare il suo nome. Un capolavoro.

L’ho visto accompagnare noi juventini sul tetto d’Europa e del Mondo.

L’ho visto sollevare al cielo Scudetti, Coppe, Supercoppe, Champions e Intercontinentali.

L’ho visto essere il miglior calciatore italiano.

L’ho visto cadere. Male. Con le speranze di recupero che sembravano infrangersi giorno dopo giorno.

L’ho visto rialzarsi, tornare. Come una fenice che non muore mai.

L’ho visto dare il massimo e oltre, sempre, a prescindere dalla maglia indossata (Juventus o Nazionale).

L’ho visto piangere al cielo dopo un gol, per ricordare il suo papà.

L’ho visto diventare, anno dopo anno, gol dopo gol, il Leader di questa squadra. Il Capitano, la Storia.

L’ho visto evitare qualsiasi tipo di reazione in campo. Riprendendo i propri compagni quando protestavano contro l’arbitro.

L’ho visto lontano, sempre, da tutto ciò che esula dal calcio giocato.

L’ho visto prendersi, a suon di gol e rispetto, ovazioni indescrivibili al Bernabeu e all’Old Trafford.

L’ho visto, come ha detto Caressa, “portarci a Berlino” con un gol da cineteca.

L’ho visto alzare al cielo un altro trofeo, il più importante. La Coppa del Mondo.

L’ho visto tornare a volare basso, in Serie B, rifiutando qualsiasi proposta di trasferimento.

L’ho visto lottare contro ragazzini carichi di motivazioni ed energia e diventare il miglio marcatore della serie cadetta.

L’ho visto riportare la Sua Squadra nel paradiso che le compete. Quello della Serie A.

L’ho visto realizzare, con grande umiltà, che nulla è eterno e che anche la sua presenza in squadra andava centellinata.

L’ho visto firmare un contratto in bianco, solo per la voglia di giocare (e segnare) nel quarto stadio casalingo della sua Storia.

L’ho visto duettare in modo commuovente con Boniperti all’inaugurazione dello Juventus Stadium. Una serata che nessuno mai potrà dimenticare.

L’ho visto accettare qualsiasi decisione del suo ex-capitano Conte. Entrare, quando richiesto, e segnare gol pesantissimi.

L’ho visto infrangere ogni tipo di record. Senza mai cambiare. Con la voglia di giocare, divertirsi, vincere.

L’ho visto giocare a Calcio, in un modo che forse nessuno mai riuscirà ad eguagliare.

L’ho visto vincere. Di nuovo. Quando nessuno più ci sperava. Consegnare alla sua Signora il trentesimo scudetto che le aveva promesso prima di congedarsi.

Sono contento, fiero, orgoglioso di aver visto giocare Del Piero, di averlo visto esultare sotto la curva con la lingua di fuori.

Voglio ringraziarlo per quello che ha trasmesso ai tanti giovani che hanno deciso di avvicinarsi a questo sport e per tutto quello che a fatto per la Juve.

So che il numero 10 non si può ritirare, ma evitare di assegnarlo l’anno prossimo sarebbe un segnale forte di quello che Alex ha significato in questi venti, splendidi, anni.

Ciao Alex, grazie di tutto!

[Omnia / Luca Zaccaro]

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